Siamo alle porte dell'Avvento, il tempo liturgico di preparazione al Natale, in cui si ricorda la prima venuta del Figlio di Dio fra gli uomini. Contemporaneamente è il tempo in cui, attraverso il racconto ricordo, lo spirito viene guidato all'attesa della seconda venuta del Cristo alla fine dei tempi. Il vescovo Giovanni Massaro dona ai fedeli della Chiesa locale una riflessione utile in questo tempo prezioso, da dedicare alla preghiera, per preparare il cuore ad essere disponibile ad accogliere Gesù, «nostra speranza» (1Tm 1,1).

Rianimare la speranza

 

Quest'anno il tempo di Avvento è caratterizzato da due eventi straordinari: non solo ci introduce a vivere con gioia e semplicità il mistero ineffabile del santo Natale, ma costituisce anche la preparazione prossima al giubileo, che avrà inizio proprio il 24 dicembre con l'apertura della porta santa della basilica di San Pietro in Vaticano. Nella bolla di indizione del giubileo, papa Francesco indica la virtù della speranza come il suo messaggio centrale. «Tutti sperano – scrive il santo padre – ma spesso incontriamo persone sfiduciate che guardano all'avvenire con scetticismo e pessimismo, come se nulla potesse offrire la loro felicità. Possa il giubileo essere per tutti occasione per rianimare la speranza».
L'Avvento è il tempo favorevole alla riscoperta della speranza non vaga e illusoria, ma certa e affidabile perché ancorata in Cristo, Dio fatto uomo, roccia della nostra salvezza. La capacità di sperare è ciò che distingue i cristiani. San Paolo, scrivendo agli Efesini, ricorda loro che, prima di abbracciare la fede in Cristo, erano «senza speranza e senza Dio nel mondo» (2,12). Se manca Dio viene meno la speranza e tutto diventa buio. Oggi, più che mai, noi cristiani siamo chiamati a offrire segni di speranza in un mondo che sembra averla smarrita.
Nella mia ultima lettera pastorale, Furono colmati di Spirito Santo, consegnata due mesi fa alla comunità diocesana, indico alcuni segni di questa virtù e che sollecito a viverla in questo periodo. Il primo segno tangibile di speranza è stare vicini alle persone sfiduciate che si trovano nel dolore o nella sofferenza. La missione della Chiesa, infatti, non è quella di giudicare ma di farsi carico delle ferite degli uomini e delle donne. In un mondo, inoltre, segnato dalla divisione, dalla guerra e dalla facile violenza, un altro segno di speranza che la Chiesa è chiamata ad offrire è quello di essere luogo in cui si sperimenta la comunione con Dio e tra gli uomini. Infine, in un tempo in cui prevale il lamento e ci si attarda a notare le cose che non vanno, la comunità cristiana può essere segno di speranza nella società, portando avanti la sua missione educativa e testimoniando con entusiasmo la gioia e la bellezza di vivere. La speranza però va alimentata attraverso la preghiera. La recente ricerca Censis, Italiani, fede e Chiesa, ha fatto emergere dati variamente interpretabili e che sono comunque utili provocazioni a pensare. Risulta ad esempio interessante notare che il 66% degli italiani dichiara di pregare. Una pratica in cui si investe anche il 65,6% dei cattolici non praticanti. Altro dato interessante è che dal 54,4% la preghiera è vissuta come un'occasione in cui riflettere su se stessi e conoscersi meglio. Dinanzi a questo bisogno, siamo interpellati, come Chiesa, a rimettere al centro la nostra vocazione di aiutare gli uomini ad incontrare il Dio di Gesù Cristo. Oggi più che mai c'è bisogno che la comunità credente diventi ancora una volta strumento di fede e di accoglienza in cui s'insegna a pregare piuttosto che ad essere uno spazio in cui si parla di Dio o dove si apprende di tutto. Auspico che tutte le comunità siano luoghi privilegiati, in questo tempo di Avvento e per l'intero anno giubilare, per la preghiera e si incrementano le iniziative, affinché ogni persona possa trovare in esse un'oasi di raccoglimento e di silenzio per riprendere il cammino con il cuore colmo di fiducia e di consolazione.
Desidero, e mi auguro, che tutte le famiglie della diocesi siano chiese domestiche, dove si scopra e di nuovo si impari a pregare per essere artigiani e costruttori della civiltà dell'amore. Prodighiamoci pertanto ad abbellire di tante luci le nostre case, affrettiamoci ad allestire presepi, ma soprattutto fermiamoci a pregare. La preghiera è il grido silenzioso che esce dal cuore dell'uomo e sale a Dio. Essa solo alimenta la speranza perché ci rende pronti e disponibili ad accogliere Gesù, nostra speranza.

+ Giovanni Massaro
Vescovo dei Marsi


Scarica qui il file da stampare

A margine dell'VIII giornata mondiale dei poveri, celebrata in tutte le parrocchie domenica 17 novembre, la Caritas diocesana invita tutti giovedì 21 novembre alle 20:30 al teatro dei Marsi, allo spettacolo Gran casinò, per riflettere su ludopatia e gioco patologico, tra i principali problemi delle famiglie che quotidianamente vengono accolte nei centri di ascolto Caritas di Avezzano. Lo spettacolo teatrale, sui rischi del gioco d'azzardo, è messo in scena dalla compagnia Itineraria teatro, che da più di trent'anni è specializzata nel teatro di denuncia sociale. Uno spettacolo per dire no al gioco d'azzardo, anche a quello legale, e per contribuire a creare consapevolezza su un perverso business gestito dalle lobby del gioco e della malavita.


Ci apprestiamo a vivere, in occasione del 77° anniversario del pio transito del venerabile don Gaetano Tantalo, una serie di importanti appuntamenti.
Domenica 10 novembre alle 15:30, nella chiesa di Santa Maria delle Grazie in Villavallelonga la solenne celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo mons. Giovanni Massaro e concelebrata dal clero marsicano.
Martedì 12 novembre alle 21:15 nella chiesa di San Pietro in Tagliacozzo la celebrazione del pio transito, presieduta da don Romano De Angelis, parroco di San Luca evangelista in Roma.
Mercoledì 13 novembre alle 9:30 nella chiesa madre dei Santi Cosma e Damiano la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo mons. Giovanni Massaro. A partire dalle ore 11:00 la visita delle autorità alla casa canonica della chiesa di San Pietro. Infine, a partire dalle ore 12:00, la cerimonia di conferimento della medaglia d’oro al merito civile al venerabile don Gaetano Tantalo, concessa dal presidente della Repubblica on. Sergio Mattarella, alla presenza del prefetto dell'Aquila dott. Giancarlo Di Vincenzo, dei sindaci della Marsica e delle altre autorità, con la motivazione: «Durante la seconda guerra mondiale, incurante dei rischi per la propria persona, si prodigò per nascondere una famiglia ebrea nella canonica di Tagliacozzo, si offrì come volontario per essere fucilato al posto dei cittadini di Villavallelonga, minacciati di sterminio da parte degli occupanti, nonché al posto di cinque ragazzi di Tagliacozzo condannati alla fucilazione. Il suo eroismo convinse i tedeschi a desistere dai loro sanguinosi propositi. Nobile esempio di spirito di sacrificio e di umana solidarietà».


All'interno del patto educativo globale, ovvero l’alleanza fra l’Azione cattolica e l’Agesci della diocesi di Avezzano – che da anni hanno unito gli sforzi, seguendo la proposta di papa Francesco, per formare persone mature, capaci di superare frammentazioni e contrapposizioni e ricostruire il tessuto di relazioni per un’umanità più fraterna – l’ormai consueto appuntamento annuale di formazione, rivolto alla comunità locale, agli educatori ed in particolare ai giovani.
Il tema di riflessione di quest’anno è Educare alla legalità. L’incontro, fissato per sabato 9 novembre alle 16:00 nel teatro dell’Istituto Don Orione di Avezzano, vedrà come ospite e relatore Giovanni Bachelet, laureato in fisica, professore universitario, già parlamentare della Repubblica, da anni impegnato nello scoutismo. Figlio di Vittorio Bachelet, anche egli professore universitario, membro del Consiglio superiore della magistratura e presidente nazionale di Azione cattolica a cavallo fra gli anni sessanta e settanta del secolo scorso, assassinato barbaramente dalle Brigate Rosse nell’ormai lontano 12 febbraio 1980, quando l’odio aveva preso il sopravvento sul dialogo e le pistole avevano sostituito i libri alla formazione della politica attiva.
Il dibattito in sala, che sarà introdotto dal vescovo Giovanni Massaro, vuole richiamare la riflessione sul senso della legalità e del riuscire a stare insieme attraverso regole di libertà, tema quanto mai attuale. Cercare di ritrovare di nuovo un tempo in cui si riesca a sognare un mondo migliore oltre che accontentarsi di quello presente. Una ricerca, questa, che non deve limitarsi al sogno, ma concretizzarsi nella realtà. L’obiettivo è camminare insieme, concretamente, accettando i pesi e le fatiche del nostro compagno di strada. Insomma saper sorridere, condividere, i propri limiti e minorità. Non più dunque uomini e donne isolati, chiusi su loro stessi, pronti a combattere una guerra con il vicino, verso l’altro quartiere, contro una città rivale, nei confronti di una nazione da odiare, ma cittadini consapevoli, con la ricchezza delle proprie differenze, che insieme vogliono costruire una libertà fondata sul rispetto, che è accoglienza e gentilezza. È possibile essere giusti? Come si può reagire al tema dell’ingiustizia? Quale spazio per costruire un sentimento di legalità e di giustizia? Queste le domande che saranno rivolte agli interlocutori, cercando di costruire all’unisono un dialogo schietto che si basi sull’ascolto e sulla comprensione.
Nel maggio 2005 Giovanni Bachelet, a Taranta Peligna, chiamato a parlare di cittadinanza e legalità, raccontava ai presenti: «Vorrei saper trasmettere il sorriso di mio padre, luminoso come quello di don Puglisi, che brilla nella grande fotografia, dietro questo palco. Dirvi quanto piena e felice possa essere una vita spesa al servizio degli altri. Rafforzarvi nella convinzione che già avete, visto l’impegno civile che vi raduna qui: nel servizio degli altri, nella partecipazione, c’è, sì, più fatica, ma anche molta, molta più gioia e più allegria che a farsi i fatti propri, fra un telecomando e un videogioco. Vi auguro che la fatica e la gioia di una partecipazione responsabile alla vostra comunità vi accompagnino sempre, anche quando sarete grandi. La legalità non consiste nell’indicare una serie ordinata di norme o nel conoscere a menadito le leggi dello Stato, non è una visione ma un’attitudine che si coltiva, si sviluppa nel quotidiano, che si nutre di stimoli, di valori, esempi, viaggi e sorrisi. È un processo, mai uguale e mai ripetitivo, dal quale scaturiscono capacità e propensioni di mente e cuore. Finché saremo donne e uomini capaci di fare la pace, custodire la democrazia e la libertà tutto sarà possibile. Dinanzi alla società della tecnica, di questo millennio, dobbiamo ritrovare la capacità di essere rivoluzionari e avere, ancora, lacrime negli occhi e tenerezza nelle mani».
(di Alfredo Chiantini, capo scout Agesci Avezzano1)


 

Iscriviti alla newsletter