Di seguito la proposta della Tavola della pace della Diocesi dei Marsi per vivere al meglio il mese della pace. Si tratta di una staffetta della pace, con incontri di preghiera e di riflessione in giro per la Marsica. «In molte parti del mondo occorrono percorsi di pace che conducano a rimarginare le ferite, c’è bisogno di artigiani di pace disposti ad avviare processi di guarigione e di rinnovato incontro con ingegno e audacia». Sono queste parole di papa Francesco, contenute nel messaggio per la cinquantaquattresima giornata mondiale della pace che incoraggiano anche quest’anno la Tavola della pace della Marsica ad organizzare il ventisettesimo mese della pace.
Ricordiamo anche le date dei tre webinar della pace, che saranno trasmessi in diretta sul canale Youtube della diocesi:
webinair per ragazzi: 22 gennaio alle 21:00;
webinair per adulti: 26 gennaio alle 21:00;
webinair per giovani: 29 gennaio alle 21:00.
mercoledì 6 gennaio Santuario Madonna dei Bisognosi in Pereto
sabato 9 gennaio 16:00 Carsoli
domenica 10 gennaio 18:30 Convento San Francesco in Tagliacozzo
dall'11 al 13 gennaio Monastero delle Benedettine in Tagliacozzo
sabato 16 gennaio 15:00 Scurcola 18:30 Magliano
domenica 17 gennaio 11:00 Cese 17:00 Opi
lunedì 18 gennaio 17:30 Pescasseroli
mercoledì 20 gennaio 17:00 Rindertimi e CSV (incontro/riflessione)
venerdì 22 gennaio 15:00 Capistrello 18:00 Luco
sabato 23 gennaio 15:00 Parrocchia San Giovanni in Celano
domenica 24 gennaio 10:00 Borgo Strada 14 11:30 Parrocchia Sacro Cuore in Celano 16:00 Castellafiume
martedì 26 gennaio 17:00 San Pio X in Avezzano
mercoledì 27 gennaio 17:00 San Pelino 18:30 Antrosano
giovedì 28 gennaio 18:00 Caruscino
venerdì 29 gennaio 13:00 Moschea di Avezzano 15:30 Forme 18:00 Paterno
sabato 30 gennaio 15:00 San Rocco in Avezzano 16:00 Santissima Trinità in Avezzano 17:00 San Giovanni in Avezzano 18:30 Madonna del Passo in Avezzano
domenica 31 gennaio 16:00 Preghiera in cattedrale con il Vescovo
«Ti lodiamo e ti ringraziamo, Signore, per il dono della vita che tu ci hai consegnato nell’amore dei nostri genitori: anche se attraversata da prove e turbamenti la vita è il grande libro dove ognuno di noi scrive il percorso della sua salvezza. Ti lodiamo e ti ringraziamo, Signore, per il battesimo che abbiamo ricevuto: ci hai scelti come tuoi figli e nessuno sarà mai abbandonato dal tuo amore. Perché è il tuo amore la perenne speranza dei nostri passi. Ti lodiamo e ti ringraziamo, Signore, per la santa Chiesa, tua Sposa e nostra Madre: in essa siamo generati e continuamente rigenerati nella fede e nella verità, nella tua verità, che è sempre oltre le nostre parziali vedute perché colloca l’eterno dentro i frammenti dell’esistere. Ti lodiamo e ti ringraziamo, Signore, per le famiglie dove gli anziani sono amati, abbracciati e custoditi come si custodisce uno scrigno prezioso da cui attingere il senso delle nostre origini e le parole della sapienza per il nostro oggi. Ti lodiamo e ti ringraziamo, Signore, per i nostri sacerdoti: tu li hai chiamati e loro hanno risposto nella vocazione e nella scelta di essere il segno di Cristo che perdona, che serve, che spezza il pane dell’immortalità. Ti lodiamo e ti ringraziamo, Signore, per i diaconi e per le donne e gli uomini della vita consacrata, per quanti sono accanto ai sacerdoti nelle comunità parrocchiali e diventano presenza di collaborazione pastorale, perché hanno compreso che corresponsabilità non è una parola generica ma la dimensione di una Chiesa dove si sta insieme per operare, per trasmettere e non per osservare. Ti lodiamo e ti ringraziamo, Signore, per il nostro popolo che tra difficoltà economiche e precarietà riesce ancora a tenere aperta la porta a un Vangelo quotidiano vissuto nella sequela umile e coraggiosa. Ti lodiamo e ti ringraziamo, Signore, per quanti spendono energie, tempo e risorse nel volontariato, nella prossimità fraterna, a chi percorre il tempo del dolore. Ti lodiamo e ti ringraziamo, Signore, per gli ammalati che sanno unire le loro sofferenze alla tua croce, in un mistero di comunione che solo in cielo sarà svelato, quando scopriremo la risposta ai perché che la ragione non contiene. Ti lodiamo e ti ringraziamo, Signore, per papa Francesco: con lui vogliamo costruire una Chiesa che non si chiude come un recinto ma che esce da se stessa e va, va libera da ogni mondanità, va per essere il segno della tua tenerezza».
Il vescovo dei Marsi, mons. Pietro Santoro, celebrerà la santa Messa della Natività il 24 dicembre alle ore 19:00 nella chiesa di Borgo Ottomila. Questa scelta continua una tradizione ininterrotta di tredici anni che vede il vescovo annunciare l’evento dell’incarnazione del Figlio di Dio in luoghi particolarmente bisognosi di speranza. A Borgo Ottomila la Chiesa si renderà presente tra i lavoratori e le famiglie del Fucino rinnovando l’istanza del lavoro come segno della dignità della persona.
Il 25 dicembre il vescovo presiederà l’eucaristia nella cattedrale di Avezzano alle ore 12:00. Questa celebrazione potrà essere seguita anche in diretta TV su InfoMediaNews, canale 119 del digitale terrestre (in Abruzzo), e in streaming sulla pagina Facebook della diocesi.
Carissimi fratelli e sorelle della Marsica, non so come arriverete alla luce della Natività. Soltanto Dio è capace di leggere i nostri passi. Ma mi è caro offrirvi il dialogo che un testimone del nostro tempo ha coltivato a lungo nella sua memoria. È un padre che interroga il suo bambino.
«Perché esiste l’attesa?». «L’attesa di che cosa?». Fece una pausa. Riprese con tono più dolce. «Se mamma non viene, tu l’aspetti?». «Certo». «Se manca la luce aspettiamo che torni?». «Sì, aspettiamo che torni. Papà, se io non voglio stare in attesa e voglio stare senza attesa, posso?». Allora aprì del tutto la porta e disse solo così: «Se tu sarai capace di stare sempre in attesa, vedrai cose che gli altri non vedono. Quello a cui tieni, quello che ti capiterà, verrà solo dopo un’attesa».
Quel bambino, diventato adulto, commenta: «Molto del destino di ciascuno dipende da una domanda, da una richiesta che un giorno, qualcuno, una persona cara o uno sconosciuto ci rivolge. D’improvviso uno riconosce di aspettare da sempre quella domanda, forse anche banale, ma che in lui risuona come un annuncio e sa che proverà a rispondere ad essa con tutta la vita». Sulla soglia dell’incanto e della fede, vi chiedo: lo avete atteso il Cristo? Lo avete atteso come i profeti, con lo stesso struggente desiderio dei profeti? Lo avete atteso scorticando le domande dell’anima? Lo avete atteso con la stessa disponibile tenerezza di Maria? Se lo avete atteso così, vedrete ciò che altri non vedono perché i vostri occhi saranno capaci di penetrare il mistero che accoglie le nostre domande di senso e di infinito. Saranno capaci di sillabare poche straordinarie parole: «Mentre il silenzio fasciava la terra e la notte era a metà del suo corso, tu sei disceso, o Verbo di Dio, in solitudine e più alto silenzio». Saranno capaci di contemplare Dio che pone la sua tenda tra gli uomini per colmare l’incolmabile distanza tra l’uomo e Dio. E noi non celebreremo per evadere dalla paura, dalla tristezza, dal peso che ritma i nostri giorni, per fare finta che non ci sia, attorno a noi e dentro di noi, il buio e il vuoto, la malattia e la morte. Ma riascolteremo ciò che le sentinelle d’Israele hanno gridato prima di noi, perché ci verrà chiesto di vedere il «Dio per noi, con noi e in noi», al di là di una effimera emozione. Ci verrà chiesto di penetrare Dio che si è coinvolto nella nostra fatica di esistere per ridonare a tutti la speranza che qualcosa può cambiare, anzi che tutto può cambiare, per rioffrirci questa speranza come compagna di viaggio verso una pienezza di vita che non avrà mai fine. È così inaudito l’annuncio della natività che persino le rovine di Gerusalemme, nel sogno profetico di Isaia, sono invitate a prorompere in un canto di esultanza: «Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme» (Is 52,9). Rovine di ieri, rovine di oggi. Sono le rovine di conflitti a noi lontani e a noi vicini. Sono le rovine della fame e della povertà. Sono le rovine di casa nostra: disoccupazione, precarietà, incapacità a stare insieme. Sono le rovine interiori che fiaccano l’esistenza: solitudini, incomprensioni. Sono tutte le frammentazioni e le lacerazioni del tessuto civile, indici di un malessere comune, di una patologia contagiosa che intacca il corpo di un popolo. E Dio si fa uomo per entrare in questo mondo di rovine e ricostruire l’uomo non con la pasta del peccato, ma con la pasta della sua divinità. Ecco il mirabile evento del Natale del Signore, prodigio di gioia e di stupore, evento cosmico, rivolto a proporzioni immense, ma insieme evento intimo e personale. Tanto che ognuno può dire: per me, Gesù, sei venuto alla porta della mia vita, hai bussato come un mendicante, non per ricevere, ma per svuotarti di te e condividere sino in fondo la mia sorte, perché condividere è la forma suprema dell’amore. Ecco perché il Natale del Signore non è una carta ingiallita della memoria che ci incombe da rispolverare, ma è Cristo stesso che ci raggiunge, oggi, per riprendersi quella nostra vita che abbiamo buttato lontana da lui, affinché il nostro piccolo cuore di persone stanche e deluse possa ripartire da lui e la nostra piccola storia possa essere legata alla sua storia, dopo avere finalmente compreso che nelle sue mani è riposto il nostro destino.