Sabato 13 aprile si è tenuta la via crucis diocesana dei giovani con il vescovo Pietro Santoro. In occasione della Giornata dei giovani, che tradizionalmente si celebra il sabato prima della domenica delle palme, il servizio di pastorale giovanile della Diocesi, coordinato dal direttore don Antonio Allegritti, ha invitato tutti i giovani marsicani alla via crucis che si è tenuta nella cattedrale di Avezzano. Una via crucis speciale, animata direttamente dai giovani, che si sono espressi anche attraverso il canto e la danza. Rilevante la partecipazione dei ragazzi delle scuole superiori marsicane che, coordinate dall’Ufficio scuola diocesano, guidato dal diacono Antonio Masci, hanno scritto di loro pugno le meditazioni delle stazioni della via crucis. Un prezioso lavoro, possibile grazie alla collaborazione degli insegnanti di religione che hanno preparato i ragazzi nelle diverse tematiche affrontate, aiutandoli ad attualizzare e calare nella loro quotidianità il dolore e la speranza della via della croce.


Introduzione

prof.ssa Maria Rosaria Savina

I testi delle meditazioni sulle stazioni del rito della via crucis di quest'anno hanno una grande e significativa particolarità: sono stati scritti da alcuni giovani marsicani di un'età compresa tra i 14 e i 19 anni. Due sono le principali novità: la prima non ha riscontri nel passato e riguarda l'età degli autori, giovani o adolescenti (tutti studenti delle scuole superiori della nostra Diocesi); la seconda consiste nella dimensione corale del lavoro, sinfonia di tante voci con tonalità e timbri diversi. Non si tratta di giovani in astratto ma di Maria, Francesco, Matteo... Con l'entusiasmo tipico della loro età hanno accettato la sfida proposta dalla Pastorale giovanile e dall'Ufficio scuola della Diocesi per celebrare la giornata mondiale della gioventù. I giovani si sono messi davanti alla scena della via crucis e l'hanno vista. In definitiva questi testi sono nati da tre parole chiave: vedere, incontrare, pregare.

Prima stazione
Gesù è condannato a morte

Liceo classico Alessandro Torlonia, classe III D, prof. Claide Berardi

Dal Vangelo secondo Luca (23,22-25).
Pilato, per la terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato in lui nulla che meriti la morte. Dunque, lo punirò e lo rimetterò in libertà». Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso, e le loro grida crescevano. Pilato allora decise che la loro richiesta venisse eseguita. Rimise in libertà colui che era stato messo in prigione per rivolta e omicidio, e che essi richiedevano, e consegnò Gesù al loro volere.
Nella prima stazione Gesù frettolosamente viene condannato a morte da Pilato e dalla folla. Questa condanna veloce assomiglia a tante nostre facili accuse, a tanti giudizi superficiali e a preconcetti che chiudono il cuore ed escludono gli altri con pensieri e parole che feriscono. La prima stazione è fortemente emblematica: Pilato tra la verità nella libertà e la sua vita sceglie quest'ultima. Rappresenta il contrasto tra la vera libertà e le nostre comodità da cui nasce la paura del diverso, dello straniero e del migrante nonché del futuro e degli imprevisti a causa della nostra poca fede in Dio.
Vescovo: Ti preghiamo, Signore, veglia sulle scelte dei giovani, rischiarale della tua luce, coltiva in loro la capacità di interrogarsi: solo il male non dubita mai.

Seconda stazione
Gesù è caricato della croce

Istituto d'istruzione superiore Ettore Majorana, classe II H, prof.ssa Anna Rita Amicuzi

Dal Vangelo secondo Marco (8,34-35).
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, Gesù disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».
Il peso della sofferenza fisica e spirituale ha portato Gesù allo stremo delle forze e sotto il pesante ed ingiusto giogo della croce, coperto dal sangue e dal fango Egli si avvia verso il Calvario. È debole ma cammina ben oltre il tramonto dei giorni. Il suo volto è stanco e scavato. È lo stesso volto di chi ha conosciuto il tormento della mente e dell’anima, la negazione del sentimento della pietà, il dolore della morte delle persone più care. È il volto di chi nella disperazione cerca un pezzo di pane, coperto dagli insulti e dalle umiliazioni; di chi ha le mani rivolte verso il cielo che sorreggono i pesanti mattoni dell’indifferenza, dell’odio, della solitudine della miseria umana. Tu, o Signore, hai sempre avuto qualcosa di nuovo da darci, da dimostrarci. Persino ora, in questo drammatico momento, con l’accettazione della tua croce, ci stai insegnando a continuare, a non fermarci di fronte alle avversità della vita, neppure davanti alla dura realtà della morte. Ci insegni a fidarci di Dio e della vita per trovare quello che non si vede, ma che c’è, ed esiste.
Vescovo: Signore, donaci la grazia di guardare alle nostre storie e di riscoprire in esse il tuo amore per noi.

Terza stazione
Gesù cade per la prima volta

Liceo statale Benedetto Croce, classi I C - I D - II D, prof.ssa Federica Giolitti

Dal libro del profeta Isaia (53,4).
Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato.
Gesù cede per sfinimento. Il suo corpo è insanguinato dalla flagellazione e dalla corona di spine. Tutto questo fa sì che gli manchino le forze. Povero Gesù! È stanco e sofferente. Ti chiediamo perdono, Gesù, per tutto quello che ti hanno fatto, per le urla trionfanti della folla mentre cadevi. Secondo i malvagi, i vincitori calpestano la terra, non cadono a terra. Chi cade a terra, vinto, come sua ultima risorsa ha l’odio. Tu hai, invece, come risorsa l’amore e anche se, per molti, hai l’apparenza di uno sconfitto, cadendo hai vinto la battaglia tra l’odio e l’amore. La tua caduta è lo specchio delle nostre sofferenze, dei nostri inciampi, dei nostri fallimenti. Durante la nostra adolescenza ci sentiamo spesso giudicati e tante sono le aspettative degli altri che ci soffocano e ci impauriscono. La società ci ha reso fragili e la superficialità con cui tante volte affrontiamo la vita moltiplica le nostre cadute. Per noi rappresenti un modello! La tua forza nel rialzarti, ci regala speranza e fiducia. Abbiamo infatti bisogno di Qualcuno che ci ricordi che la vita, malgrado tutto, è bella e va vissuta intensamente! Ti preghiamo, Signore, donaci la grazia di incontrare persone che sono testimoni credibili di te, e regalaci il desiderio di intraprendere esperienze piene di te. Solo incontrandoti davvero troveremo il coraggio di rialzarci.
Vescovo: Ti preghiamo, Signore: risveglia nei giovani il coraggio di rialzarsi dopo ogni caduta, fa’ che sappiano sempre apprezzare il dono grandissimo e prezioso della vita e che i fallimenti e le cadute non siano mai un motivo per buttarla via.

Quarta stazione
Gesù incontra sua madre

Liceo scientifico Marco Vitruvio Pollione, classe V D, prof.ssa Barbara D’Angeli

Dal Vangelo secondo Luca (2,34-35).
Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
Maria incontra suo figlio sulla via della croce, e le parole del vecchio Simeone risuonano nella sua mente e nel suo cuore: «A te una spada trafiggerà l’anima»; ed è proprio quell’invisibile spada che la ferisce quando vede suo figlio caricato della croce. Quanti ricordi, madre, avranno affollato la tua mente, e il tuo pensiero è tornato alla notte in cui lo hai partorito, quando nel tepore dell’abbraccio avrai sussurrato «È solamente mio»… Ma tu lo sapevi che questo momento sarebbe arrivato, e così ora lo vedi solo, abbandonato da tutti, deriso e umiliato sotto il peso della croce. A fatica ti fai largo tra la folla inferocita che grida, condividi con lui gli sputi e gli insulti perché tu come ogni madre non abbandoni tuo figlio, e nello strazio che traspare dal tuo volto sei lì con lui… non una parola esce dalla tua bocca ma quegli occhi lo contemplano, lo accarezzano… tu, donna forte e coraggiosa, sei lì per mostrare il tuo viso e gridare al mondo intero. Questo è mio figlio, non lo rinnego!
Vescovo: Ti preghiamo, Signore: aiutaci a tenere sempre presente l’esempio di Maria, che ha accettato la morte di suo figlio come mistero grande di salvezza.

Quinta stazione
Simone di Cirene aiuta Gesù a portare la croce

Liceo artistico Vincenzo Bellisario, classe IV C, prof.ssa Silveria Di Genova

Dal Vangelo secondo Luca (23,26).
Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù.
Signore Gesù, in questa stazione associamo la tua sofferenza alle afflizioni di molti giovani giudicati e scartati. Sono i giovani emarginati, caricati di croci che assumono le forme della precarietà e dell’assenza di prospettive per il futuro. Sono i giovani vittime di violenza e di bullismo che portano la croce del vile silenzio dei carnefici e della complice indifferenza di coloro che si credevano amici. Sono i giovani privati della dignità, fiaccati dalla croce della pornografia, dei mass media e dei cattivi maestri. Giovani che non sanno rispettarsi, ignorano l’unità fra corpo e persona e vivono passioni non governate, né ordinate all’amore di Dio. Sono i giovani che portano la croce per la mancanza della famiglia, di un papà e di una mamma ma anche di quanti sono ostacolati nel loro desiderio di famiglia e di figli. Anche sotto questi pesi che ci schiacciano non dobbiamo dimenticare che non siamo soli perché c’è sempre un Simone di Cirene pronto a prendere la nostra croce.
Vescovo: Signore, ti preghiamo affinché ognuno di noi possa trovare il coraggio di essere come il Cireneo, che prende la croce e segue i tuoi passi.

Sesta stazione
Veronica asciuga il volto di Gesù

Liceo scientifico Marco Vitruvio Pollione, classe III I, prof.ssa Grazia Catalano

Dal libro del profeta Isaia (53,2-3).
Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
Il gesto di Veronica è un gesto pieno d’amore e dolcezza: asciugare il volto di Gesù. In questa immagine c’è una virtù che ai nostri giorni è spesso marginalizzata: la compassione. In un mondo privo di valori come il nostro, non si va troppo per il sottile e si spazza via ogni sentimento di attenzione nei confronti dei deboli. Quante volte si assiste all’indifferenza di giovani e adulti di fronte all’anziano o al disabile. Quante volte evitiamo un aiuto verso chi abbiamo escluso dai nostri affetti, di stringere la mano alla gente con cui abbiamo rotto il dialogo; porgere aiuto al prossimo con il quale abbiamo deciso di archiviare ogni tipo di rapporto. Su questa strada siamo chiamati a vincere il nostro egoismo e a misurare la nostra fedeltà al mistero della croce. Tutti noi siamo chiamati a riconoscere quel volto nel prossimo, un volto rigato dalle lacrime, un volto segnato dalla sofferenza, un volto che grida aiuto. Quella donna, Veronica, con il suo gesto di carità, non si ferma all’apparenza, ma ci fa capire che quel volto, il tuo volto, Gesù, proprio nella sua imperfezione, mostra la perfezione del tuo amore per noi.
Vescovo: Ti preghiamo, Gesù, dacci la forza di avvicinarmi alle altre persone, ad ogni persona, giovane o vecchia, povera o ricca, a me cara o sconosciuta, e di vedere in quei volti il tuo volto.

Settima stazione
Gesù cade per la seconda volta

Istituto tecnico economico per il turismo Andrea Argoli, classi I C - II C, prof.ssa Maria Rosaria Savina

Dal libro del profeta Isaia (53,8.10).
Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua posterità? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per la colpa del mio popolo fu percosso a morte. Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
O Gesù ti vedo cadere, e cadendo sei simile a tanti di noi giovani. Purtroppo quello che a noi manca sono dei punti di riferimento precisi, non abbiamo più ideali da seguire, siamo smarriti e la cosa che ci spaventa di più è il buio del nostro futuro. Io ho ancora negli occhi e nel cuore la caduta di un’amica per una forte depressione. La tua caduta mi ricorda che sei uno di noi, ti rialzi sempre più giovane e forte. La differenza tra le tue cadute e le nostre sta nel fatto che le tue sono senza colpa, mentre le nostre, provocate dalla nostra fragilità, vengono tolte dal tuo immenso amore.
Vescovo: Ti preghiamo, Signore, fa’ che siamo pronti a rialzarci dopo essere caduti, che possiamo imparare qualcosa dai nostri fallimenti. Ricordaci che, quando tocca a noi di sbagliare e cadere, se siamo con te e stringiamo la tua mano, possiamo imparare e a rialzarci.

Ottava stazione
Gesù incontra le donne di Gerusalemme

Liceo scientifico Marco Vitruvio Pollione, classe III H, prof.ssa Filomena Valente

Dal Vangelo secondo Luca (23,27-31).
Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: “Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato”. Allora cominceranno a dire ai monti: “Cadete su di noi!”, e alle colline: “Copriteci!”. Perché se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?».
Gesù sulla via del Calvario invita a non struggersi per lui, ma a pentirsi finché si è in tempo. Gesù, nonostante il peso della croce, rimane l’uomo compassionevole verso l’altro, al contrario di noi uomini che, per quanto possiamo amare, non ameremo mai abbastanza. Questa stazione ci invita a riflettere sulle donne che, amando Gesù, possano imparare ad amare sempre di più i loro figli. Care madri, fate della fede il fondamento della casa e della famiglia così che il messaggio di amore si irradi dalla vostra quotidianità a tutto il mondo che ci circonda.
Vescovo: Signore, dacci la forza di andare controcorrente ed entrare in contatto autentico con gli altri, gettando ponti ed evitando di chiuderci nell’egoismo che ci conduce alla solitudine del peccato.

Nona stazione
Gesù cade per la terza volta

Istituto tecnico economico Galileo Galilei, classi II C - III A AFM - V A AFM, prof.ssa Mariarosaria Serafini

Dal libro del profeta Isaia (53,5-6).
Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti.
Gesù, sei caduto ancora una volta; questo palo pesante che ti lacera la pelle ad ogni passo e ti vuole togliere la dignità in modo così violento è simile a quello che opprime molti di noi giovani. In questa società vali solo se sei vincente, conta solo l’apparire. Coloro che pensano di gestire le sorti del mondo attraverso l’economia hanno interessi su di noi ma non per noi, togliendoci così la dignità, i sogni e svilendo i nostri progetti di vita. Noi cadiamo sotto queste umiliazioni, l’unica ad accoglierci ed a riconoscerci è la terra che tu hai creato per noi, sporchi di sangue e di fango come te ci rialziamo e ci riappropriamo della nostra umanità e scegliamo di vivere consapevoli che il mondo ci appartiene e noi gli apparteniamo.
Vescovo: Ti preghiamo, Signore, perché tutti possano affrontare le sfide della vita con la forza e la fede con cui tu hai vissuto gli ultimi momenti nel tuo cammino verso la morte in croce.

Decima stazione
Gesù è spogliato delle vesti

Liceo scientifico Marco Vitruvio Pollione, classe V B, prof.ssa Barbara D’Angeli

Dal Vangelo secondo Giovanni (19,23).
I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato – e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo.
Gesù è spogliato delle vesti e su di esse tirano la sorte… Anche quest’umana umiliazione deve subire… ma ciò che agli occhi degli uomini può sembrare un gesto di disprezzo è agli occhi di Dio segno di regalità. Si, perché la nudità svela l’essenzialità, e quest’uomo, benché nudo, è rimasto re, ha vinto la morte e ha sconfitto coloro che con quel gesto volevano dimostrare il loro potere sull’indifeso e sul perseguitato. Quanti uomini nudi sono oggi davanti ai nostri occhi? Uomini spogliati della loro dignità, del loro lavoro, dei loro sentimenti e della stessa umanità? E quanti si giocano le loro vesti pensando di dominarli e approfittare della loro debolezza? Quanti migranti, rifugiati, vittime di violenza e soprusi, donne e bambini violati ogni giorno nel corpo e nell’anima sono davanti a noi e nella loro nudità interpellano le nostre coscienze, gridano con forza di riconoscere loro la dignità di essere figli di Dio!
Vescovo: Ti preghiamo, Signore: fa’ che tutti noi possiamo riconoscere la dignità propria della nostra natura, anche quando ci ritroviamo nudi e soli davanti agli altri. Fa’ che possiamo sempre vedere la dignità degli altri, e stimarla, e custodirla.

Undicesima stazione
Gesù è inchiodato alla croce

Liceo classico Alessandro Torlonia, classe IV A, prof.ssa Carla Cesta

Dal Vangelo secondo Luca (23,33-34).
Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno».
Gesù, ti vediamo lì con i tuoi chiodi, ma vediamo anche i nostri; sono chiodi invisibili eppure talmente forti che da essi non è mai semplice liberarsi. I chiodi alla nostra età sono più dolorosi perché, durante l’adolescenza, li sperimentiamo per la prima volta: non ci sentiamo più compresi dai nostri genitori e dagli adulti, che spesso ci vedono come superficiali e senza sogni. Ci inchiodano i condizionamenti del gruppo, le proposte talvolta pericolose: l’alcol, le droghe. Rifiutare queste proposte ci fa rimanere da soli o ci fa rifugiare in una realtà virtuale anch’essa non priva di rischi. Anche il non accettarsi per quello che si è, può essere un chiodo che ci immobilizza, che non ci lascia crescere, che non ci lascia camminare con i nostri passi nella lunga e tortuosa strada della vita. Signore, aiutaci a liberarci dai chiodi dell’egoismo, del giudizio affrettato che gli altri hanno di noi e che noi abbiamo degli altri, seguendo la vera libertà e la capacità di scegliere. Che ognuno possa sostenere il cammino dell’altro nella consapevolezza che ogni fatica, ogni sofferenza condivisa viene superata e ci rende adulti migliori.
Vescovo: Ti preghiamo, Signore, fa’ che possiamo liberarci da tutte le paure che, come chiodi, ci paralizzano e ci tengono lontano dalla vita che tu hai sperato e preparato per noi.

Dodicesima stazione
Gesù muore in croce

Liceo artistico Vincenzo Bellisario, classe III A, prof.ssa Silveria Di Genova

Dal Vangelo secondo Luca (23,44-46).
Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò.
La morte in croce di Gesù, giovane di appena trentatré anni, ci riporta alla morte violenta di tanti giovani assassinati, non solo per azioni criminose e terroristiche, ma anche morti nel silenzio, nell’indifferenza e nella solitudine di una società che emargina facilmente chi non è bello, perfetto, simpatico, accomodante, conformista, labile di pensiero e quanto di negativo si possa cogliere nella vita di un giovane che non si relaziona con altri giovani. La società è veramente crudele nei confronti dei ragazzi. Non apre loro il futuro, li appiattisce su un presente senza speranza. Li assume in nero, li arma, li utilizza per spacciare, li aggrega alla delinquenza. Più sono indifesi e poveri e più li avvia per queste strade di disumanità. Signore Gesù, aiuta noi giovani a percorrere le strade difficili della verità e del bene, aiutaci a non scendere a compromessi con il male anche quando dovesse convenirci. Insegnaci a preferire di morire in croce piuttosto che vivere una falsa libertà.
Vescovo: Ti preghiamo Signore, turba la nostra indifferenza con la tua croce, scuoti il nostro torpore. Interrogaci sempre con il tuo mistero sconvolgente, che supera la morte e dona la vita.

Tredicesima stazione
Gesù è deposto dalla croce

Liceo scientifico Marco Vitruvio Pollione, classe III A, prof.ssa Filomena Valente

Dal Vangelo secondo Giovanni (19,38-40).
Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodemo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di aloe. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura.
Gesù viene consegnato alle braccia amorevoli di Maria. Dopo la solitudine della passione e della morte, questo corpo esanime ritrova il calore e l’affetto di sua madre. I più grandi artisti, come Michelangelo nella Pietà, hanno saputo intuire ed esprimere la profondità e la tenacia indistruttibile di questo legame. Ricordiamo che Maria, ai piedi della croce, è diventata l’icona di tutte quelle madri che, in preda al dolore per la morte di un figlio, si riconoscono nelle braccia della Vergine, forti e tenere contemporaneamente. Fa’, o Maria, che abbracciando le prove ci rendiamo consapevoli che il dolore non ha l’ultima parola, e possiamo diventare strumenti di consolazione e speranza.
Vescovo: Ti preghiamo, Signore, fa’ che in noi sia sempre viva la speranza, la fede nel tuo incondizionato amore.

Quattordicesima stazione
Gesù è posto nel sepolcro

Istituto d'istruzione superiore Ettore Majorana, classe IV E, prof.ssa Anna Rita Amicuzi

Dal Vangelo secondo Giovanni (19,41-42).
Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. Là dunque, poiché era il giorno della Parasceve dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù.
Gesù, si sta avvicinando la sera, il sole sta tramontando al di là delle alture ed il buio della morte ha tolto il dolore dai tuoi occhi. Il tuo corpo è deposto nel sepolcro. Tutto sembra finito. Irrimediabilmente finito. All’improvviso però il velo della mia disperazione viene squarciato dalle parole: «Se il chicco di grano non muore, non porta frutto». Lo so, è una legge che vige in natura, ma è difficilissima da accettare per noi uomini. Persino tu, o Gesù, sulla croce hai gridato: «Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?». Ma io ora, davanti al tuo freddo corpo, so che dietro quel grido sofferente c’è l’alba della risurrezione. Il peso della tua croce infatti ci ha insegnato che il riscatto passa proprio attraverso la sofferenza e la sconfitta. Tu ci hai parlato con le parole della vita, e ora il tuo sepolcro nuovo non fa più paura perché siamo pervasi dalla stessa speranza che l’angelo ha immesso nel cuore delle donne il giorno di pasqua: «Non è qui, è risorto!».
Vescovo: Ti preghiamo, Signore, che non ti sei manifestato nella gloria ma nel silenzio di una notte oscura. Tu che non guardi la superficie, ma vedi nel segreto e nel profondo entri, dal profondo ascolta la nostra voce: fa’ che possiamo, stanchi, riposare in te, riconoscere in te la nostra natura, vedere nell’amore del tuo volto dormiente la nostra bellezza perduta.

Quindicesima stazione
Gesù è risorto

Istituto scolastico paritario Sacro Cuore, classe II media, prof.ssa Eugenia Liberatore

Dal Vangelo secondo Luca (24,1-6)
Il primo giorno della settimana, al mattino presto le donne si recarono al sepolcro, portando con sé gli aromi che avevano preparato. Trovarono che la pietra era stata rimossa dal sepolcro e, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. Mentre si domandavano che senso avesse tutto questo, ecco due uomini presentarsi a loro in abito sfolgorante. Le donne, impaurite, tenevano il volto chinato a terra, ma quelli dissero loro: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto».
Signore, tu sei risorto! La tomba è vuota! Dopo tante sofferenze ti sei mostrato alla madre tua, alle donne, ai discepoli, per tramutare il dolore in gioia, la sofferenza nella pace, la disperazione nella tranquillità. Siamo venuti tutti insieme verso quel sepolcro, quel sepolcro pieno di te ma allo stesso tempo pieno di noi. Quel sepolcro che nasconde tutte le nostre debolezze, paure, fragilità… dove a volte si sta così bene perché non ci fa affrontare le verità, le paure. Ma tu, Gesù, non hai voluto questo, sei venuto da noi per dirci che la vita vince sempre sulla morte, che dobbiamo lottare sempre e non avere paura di correre dietro ai nostri sogni. Gesù, siamo venuti tutti insieme a rotolare la pietra, ma tu eri lì, aspettavi noi fuori. Aiutaci, Signore, a non avere mai paura del sepolcro, donaci la forza di lottare e donaci sempre tante persone che ci aiutino a spostare la pietra davanti a noi, volgendo lo sguardo verso l’alto.

Testimonianza della GMG di Panama

di Maria Grazia Mastrella

Mi trovavo a Roma quando, a conclusione dell’incontro di papa Francesco con i giovani italiani dell’agosto 2018, l’arcivescovo di Panama José Domingo invitò ognuno di noi alla GMG. Così ho accolto quell’invito. Non vedevo l’ora di inondare Panama di gioia e felicità. Per un momento ho temuto di non partire e anche quando sembrava che tutto stesse per andare in fumo, sentivo di non essere sola. Arrivare a Panama è stato come vivere un sogno. Vedere i volti dei miei compagni, dei vescovi e dei sacerdoti è stato stupendo. Mi sono sentita parte di una famiglia, in cui tutti si preoccupavano per me, come se fossi quella pecorella smarrita. Ho recuperato i giorni persi e finalmente potevo dare il via alla mia GMG. Le parole del santo padre mi hanno toccato molto. Il papa, nei suoi discorsi, ha fatto riferimento all’amore. Ci ha esortato a non aver paura di vivere un amore concreto, pieno di tenerezza e che dà la vita. Ma soprattutto ci ha ricordato che noi siamo il presente e non il futuro. Noi abbiamo il potere di cambiare le cose, abbiamo degli strumenti potentissimi nelle mani. Noi giovani possiamo veramente vivere il presente per cambiare il domani, per le generazioni che verranno. Siamo noi a dover annunciare la gioia di Cristo, che come testimonia questa via crucis ha sofferto per la nostra salvezza. La nostra gioia è come la gioia della risurrezione, dove la vita ha vinto sulla morte. Nella seconda settimana ho fatta esperienza della povertà. I panamensi hanno un cuore d’oro, nella loro povertà si sono fatti grandi, dando tutto ciò che hanno e soprattutto non facendoci mancare nulla. Ogni GMG è un’esperienza unica ma questa ha superato ogni aspettativa. Ho condiviso le mie giornate, scandite da preghiere e canti, con amici vecchi e nuovi. Ho rafforzato le vecchie conoscenze e approfondito quelle nuove. Insomma, un’esperienza indimenticabile.