Omelia di S.E. Mons. Pietro Santoro
dalla cattedrale dei Marsi in Avezzano

La festa dell’Epifania ripropone alla nostra fede il racconto dei Magi, un racconto che unisce la terra e il cielo, l’eterno e il tempo, il mondo dei vicini e il mondo dei lontani da Dio. Al centro c’è sempre il Cristo: è lui che i Magi sono venuti a cercare e adorare. Un bambino come tutti, un uomo come tutti; segnato dalle frontiere del tempo, ma insieme è Dio che nasconde in sé l’infinito: Dio venuto a redimere l’uomo. L’Epifania del Dio bambino ai Magi, ovvero il suo manifestarsi ai lontani e ai pagani, è il primo lampo di luce che squarcia il velo che separava e nascondeva il mistero di Dio. Questa lacerazione del velo sarà totale nella Pasqua, quando, con la risurrezione, Cristo porterà a compimento la redenzione, rompendo le barriere della vita e della morte. Così l’Epifania è la profezia della Pasqua, è la luce della Pasqua annunciata.
Gerusalemme aveva ricevuto dai profeti un invito: «Àlzati, rivestiti di luce!» (Is 60,1). Ma la città non seguì quella luce perché addormentata. Non la seguì Erode, allarmato per il proprio potere e impaurito da situazioni impreviste, e il suo accecamento lo porterà all’ordine di uccidere il bambino. Non la seguirono gli scribi, i sacerdoti, gli studiosi che leggevano i libri, ma non capivano il nuovo che irrompeva. Avevano gli occhi tappati, avevano gli occhi sigillati, incapaci di spalancarli dinanzi alle sorprese di Dio. Non capivano che per incontrare la verità bisogna mettersi in movimento, bisogna mettersi sulla strada. È sempre così: per incontrare la verità bisogna mettere in movimento il cuore, lasciando quanto appesantisce e non fa battere il cuore verso il desiderio che riassume tutti i desideri.
I Magi, al contrario, non si sono accontentati di rigirarsi tra le mani quello che avevano, i beni che avevano, ma aprirono le mani per incontrare e possedere qualcosa di più grande, di più vero, di più alto. Sono andati al di là di ciò che appare, oltre il piccolo sguardo che segna l’orizzonte. Hanno avuto la voglia della verità. Non hanno fatto sondaggi d’opinione, perché tutto all’apparenza era contro di loro. Non si sono adattati a quella anemia dell’anima che è l’abitudine. Si sono buttati verso l’ignoto e alla fine si sono buttati in ginocchio dinanzi a quel Dio che avevano lungamente inseguito perché era lui, Dio, che li aveva inseguiti, che li aveva cercati facendo muovere il loro cuore. Era un Dio bambino, debole, inerme come tutti i bambini, destinato alla nudità estrema della croce e alla bellezza della risurrezione.
Nella nostra fede i Magi non sono presenze che durano un giorno e che si allontaneranno da noi questa notte. I Magi non appartengono ad una data del calendario, ma rappresentano una segnaletica che ci indica come arrivare a Dio, come arrivare all’incontro con Dio. Una segnaletica che non dobbiamo mai ignorare. Una segnaletica che a me, e a ciascuno di voi, dice: «Sappi leggere i segni che Dio lascia nel suo cammino. Abbi uno sguardo diverso sulla realtà, capace di vedere ciò che è nel profondo delle cose: Dio passa, passa continuamente. Non essere distratto. Tieni le distanze da una cultura, da una mentalità che oggi resta uguale a quella di ieri e che cerca di uccidere la fede che è dentro di te, rendendo Gesù soltanto una bella favola incantata. Non essere complice di questa cultura che ti spegne la voglia della verità, perché la verità c’è ed è una persona: Gesù. Non essere un sedentario della fede, accontentandoti di credere a distanza: i Magi non adorarono a distanza». La fede è passione d’amore, è andare sempre al di là della semplice pratica religiosa. È incontro con le grandi domande sul destino dell’uomo sul senso della vita e della morte, incontro che trova luce soltanto nel Vangelo di Gesù e della Chiesa. Altrimenti la fede rischia di essere una serie di episodi e di emozioni e ridursi a folclore. Ma la fede non è né folclore, né emozione.
E se la fede è passione d’amore, non posso rinchiuderla nel cassetto, ma devo sentirmi responsabile di contagiare con la mia fede ogni persona che incontro: e chi mi incontra, deve incontrare un credente che è stato rivoltato da Gesù. Sì, rivoltato da Gesù. Il vostro vescovo vi dice e dice a se stesso: non siate sedentari di un cristianesimo sedentario. Cercate Gesù nella preghiera, nell’Eucaristia domenicale, nel sacramento del Perdono; cercatelo nella sua Parola, in quella Scrittura che è grembo di ogni sapienza non mercificata. Non mettete in contrasto l’amore di Dio e la compassione per l’uomo, perché da quando Dio è diventato uomo, l’uomo è il tabernacolo di Dio. E chinarsi sull’uomo sofferente è chinarsi su Dio. Amate ogni persona, non ritenete nessuno escluso dall’amore, perché in Cristo, Dio e l’uomo sono uniti e compenetrati in eterno. Se questo non avvenisse, la fede diventa un rottame, la preghiera un sospiro ipocrita, il Vangelo una cornice letteraria.
Sia questo il messaggio che vi affido, nella solenne celebrazione dell’Epifania, e che Gesù sia in noi la luce che in noi non spenga mai e illumini i giorni, i mesi e gli anni di tutte le stagioni della nostra vita.