A Carsoli, nella sala polifunzionale, in occasione degli ottocento anni del Cantico delle creature, l'apertura del festival del creato. La diocesi dei Marsi sta promuovendo l'ampio progetto intitolato «Ottocento voci per la Terra», che si articola in eventi liturgici, culturali, formativi e artistici, con il coinvolgimento di parrocchie, movimenti ecclesiali, istituzioni civili, associazioni ambientaliste, scuole e università. La relazione centrale sul tema «Il Cantico che guarisce. Perdono e riconciliazione», è stata affidata a padre Giancarlo Marinucci. L'introduzione musicale è stata a cura di Armonia corale Piana del Cavaliere.


Le parole del vescovo

Carissimi fratelli e sorelle, ci ritroviamo oggi, con cuore colmo di gratitudine e meraviglia, per dare inizio a questo festival del creato, primo passo di un cammino pensato e promosso per gli ottocento anni del Cantico delle creature, che non è solo un inno di lode al creato: è un atto di guarigione profonda. È la voce di un uomo riconciliato con se stesso, con Dio e con ogni essere vivente. È il canto di chi, attraversata la notte della sofferenza e della divisione, ha ritrovato la pace, ed è diventato strumento di pace.
Il cuore pulsante di questo cantico è il perdono. Non a caso, Francesco lo compone nell'ultimo tratto della sua vita, segnato dal dolore fisico, dall'oscurità degli occhi e anche da incomprensioni tra i suoi stessi fratelli. Eppure, da questa fragilità, egli non lascia scaturire amarezza, ma lode; non rancore, ma fraternità universale.
Il perdono che Francesco annuncia e vive non è semplice parola: è un fuoco che trasforma. È il segreto con cui egli trasmuta la povertà in ricchezza spirituale, la solitudine in comunione, la morte stessa – «sora nostra morte corporale» – in una sorella da accogliere. In lui, la ferita diventa fonte, e la croce, canto.
Celebriamo oggi la solennità del Sacro Cuore di Gesù e mi piace citare ciò che papa Francesco scrive nella sua ultima enciclica Dilexit nos. Un'enciclica che può essere definita come il testamento spirituale di papa Francesco. Al n. 188 scrive: «Non si deve pensare che riconoscere il proprio peccato davanti agli altri sia qualcosa di degradante o dannoso per la nostra dignità umana. Al contrario, è smettere di mentire a sé stessi, è riconoscere la propria storia così com'è segnata dal peccato, soprattutto quando abbiamo fatto del male ai nostri fratelli: accusare sé stessi fa parte della saggezza cristiana… Questo piace al Signore, perché il Signore accoglie il cuore contrito». E al n. 189 continua: «Chiedere perdono ai fratelli rappresenta una grande nobiltà in mezzo alla nostra fragilità. Chiedere perdono è un modo di guarire le relazioni perché riapre il dialogo e manifesta la volontà di ristabilire il legame nella carità fraterna. Tocca il cuore del fratello, lo consola e suscita in lui l'accoglienza del perdono richiesto».
Oggi iniziamo questo percorso insieme, affidandolo alla guida di san Francesco, uomo del dialogo, della fraternità e della pace le cui parole continuano, dopo otto secoli, a parlare al cuore dell'uomo di oggi, assetato di senso, di pace e di unità. Invochiamo dunque la benedizione del Signore, perché questo festival sia davvero un tempo di luce e di rinascita, un tempo in cui ognuno di noi possa lasciarsi toccare, come Francesco, dalla grazia del perdono e della riconciliazione, per ritrovare in sé il canto sopito, e tornare a lodare il Creatore insieme ad ogni creatura. Laudato si', mi' Signore, per tutti quelli che perdonano per lo tuo amore.

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