Commento di padre Vasile Retegan
del servizio diocesano per la vita consacrata
alla giornata della vita consacrata del 1° febbraio 2022

Nella comunione di luce, per avviare percorsi di sinodalità

È nell’orizzonte di una intensa comunione di luce che si è celebrata, il 1° febbraio, nella chiesa cattedrale di Avezzano, la 26ª giornata mondiale della vita consacrata. La celebrazione, presieduta dal vescovo dei Marsi Giovanni Massaro, nella vigilia della festa della Presentazione di Gesù al tempio, ha permesso di radunarsi insieme i religiosi e le religiose operanti in diocesi, con la presenza graditissima, accanto a loro, di molti sacerdoti e fedeli laici, animati tutti dalla preghiera di gratitudine innalzata al Padre per il dono della vita consacrata. Con una preghiera specifica, formulata e predisposta dal vescovo, essi hanno rinnovato la consacrazione al Signore e al servizio della Chiesa, chiedendo anche che le comunità religiose «siano palestre di sinodalità e, secondo il carisma di ciascuna, partecipino attivamente al cammino sinodale della Chiesa».
Il lucernario, con la benedizione e l’accensione graduale delle candele, dalla luce del cero pasquale e delle lampade accese dei religiosi, consegnate dal vescovo alle loro comunità, ha tratteggiato un percorso di coinvolgimento comunionale, dal fonte battesimale fino all’altare del Signore, nel riconoscimento e nell’accoglienza di Cristo «luce che si rivela alle genti» (Lc 2,32), come ripetutamente ha cantato, accompagnando l’ingresso solenne della Messa, il coro della cattedrale. Per promuovere e valorizzare la vita consacrata, il vescovo Giovanni ha invitato i consacrati e le consacrate, nel consegnare loro le lampade del Sinodo, a essere nella Chiesa «segno e profezia della sublime sapienza di Cristo, che continua anche oggi a invitare tutti a procurarsi “in piccoli vasi”, cioè nella propria fragile condizione umana e precaria esistenza terrena, l’olio dello Spirito dell’amore, necessario affinché la fiamma della nostra fede sia sempre viva e ardente». Come pastore ha esortato le comunità religiose ad avviare percorsi concreti di sinodalità, offrendo il proprio prezioso contributo di testimonianza evangelica e camminando «in stretta comunione con la vita della Chiesa, la quale si declina sempre, con l’aiuto e la forza dello Spirito Santo, a immagine della santissima Trinità, per essere nel mondo “sacramento di intima unione con Dio e di unità di tutto il genere umano” (Lumen gentium 1)».
Con magistero pastorale di alta spiritualità sono state delineate nell’omelia le dinamiche di un vero processo di trasformazione: dal «riconoscere che Gesù è la nostra luce», attraverso la necessità di «scrutare i segni dei tempi nella consapevolezza che a guidare il popolo di Dio è lo Spirito Santo», nell’attenzione, apertura alla novità dello Spirito e adesione alla sua azione che rende ciò che oggi è caos un vero kairos – tempo propizio di grazia –, la vita religiosa segnata dal buio e attanagliata da problemi in sorgente luminosa e feconda, mentre «la scarsità delle vocazioni induce a camminare maggiormente e più facilmente con gli altri in un autentico dinamismo sinodale». La luce si accresce e la comunione si rafforza quando «la vita è riempita dalla preghiera» e tocca l’intimità con Dio e le altezze della mistica: «Se ogni vita cristiana nasce dall’incontro con la persona di Gesù, la vita religiosa che ha un’origine profetica non può sorgere e prosperare senza una dimensione profondamente spirituale e mistica. Quando si ricordano i fondatori e le fondatrici ci si sorprende davanti alla loro grande ricchezza e profondità spirituale. La mistica è parte essenziale della vita religiosa. Questa non è possibile se non si è innamorati di Gesù Cristo e del vangelo. Il passaggio dal caos al kairos è possibile se ci apriamo allo Spirito, se camminiamo di più con la gente, stando maggiormente con i poveri, se impariamo a volerci più bene e soprattutto se amiamo Gesù e portiamo nel mondo il profumo del vangelo».

Sul versante della profezia, l’itinerario di trasformazione nella comunione di luce con Cristo, attraverso l’opera e la missione salvifica della Chiesa, è stato abbondantemente richiamato dal riflesso carismatico e luminoso delle testimonianze religiose. Suor Denise Kangabe, per conto della comunità alloggio minori delle Apostole del Sacro Cuore, ha mostrato come la vita consacrata diventa riflesso del volto paterno di Dio, attraverso forme di paternità e maternità vissute per amore, soprattutto verso i più piccoli. Suore, insegnanti in pensione, impegnate affinché i ragazzi affidati loro dai servizi sociali vivano in un clima il più possibile vicino a quello della famiglia che a loro manca tanto; affiancate da una équipe psicopedagogica cercano di accompagnare i ragazzi in ogni aspetto della vita: negli studi, nelle relazioni con i famigliari e con gli amici si adoperano perché la loro vita non sia differente da quella dei loro coetanei e che si proiettino nel futuro con progetti degni di essere realizzati.
Suor Carla Venditti della comunità Oasi Madre Clelia contro la tratta della strada ci ha fortemente sospinti a seguire Cristo sulla strada, luogo che Dio ci ha consegnato e dove incontriamo le nuove povertà; quelli che Gesù andava a cercare nelle strade, quelli che risollevava dalle macerie della vita, le tante Maria Maddalena del vangelo; tutti i bloccati dalle catene delle proprie insicurezze, del disprezzo e della indifferenza vissuti sulla propria pelle, ma che lui è venuto a liberare. Le ragazze vengono aiutate a cercare un lavoro che ridoni loro la dignità e la serenità a cui ogni essere umano ha diritto.
Per il diacono Paolo Muratore, fratello della comunità Mater indigentium, l’amore di Dio, più forte delle nostre fragilità, dona di vivere in una fraternità caratterizzata da sincerità, autenticità e franchezza verso se stessi e nelle relazioni interpersonali; il terreno del nostro essere accoglie il seme della parola di Dio e sperimentiamo una graduale e continua guarigione dal giudizio negativo di noi, che proiettiamo anche sul prossimo; la manifestazione concreta della misericordia del Padre predilige la fragilità e i limiti come luogo per incontrarci, sostenerci e guidarci; le nostre povertà umane, quando sappiamo offrirle a Dio con sincerità ed abbandono fiducioso, costituiscono come la culla della vocazione alla santità che ciascuno di noi ha ricevuto.
Infine, don Vittorio Quaranta ci ha illuminato sul carisma strettamente ecclesiale – a sostegno del papa, dei vescovi, della missione della Chiesa – che l’Opera Don Orione incarna anche nella nostra diocesi, soccorsa già nel terremoto del 1915 dallo stesso san Luigi Orione; nel passato con l’assistenza agli orfani e la formazione ai giovani mediante la scuola professionale; oggi è prevalentemente impegnata nell’assistenza dei tanti nonni della casa di riposo e della RSA per accompagnare la fase più fragile dell’anzianità e agevolare l’incontro con il Signore, per mostrare che ogni fase della vita è degna di essere vissuta.